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Essere riserva: la psicologia di chi gioca poco (ma conta)
- 21 luglio 2025
- Posted by: carlotta.ferrari01
- Categoria: Articoli

Nel mondo dello sport, il ruolo del giocatore riserva è spesso sottovalutato o percepito come marginale rispetto a quello dei titolari. Tuttavia, la psicologia dello sport riconosce che chi gioca poco ma è parte integrante della squadra svolge una funzione cruciale, non solo dal punto di vista tecnico, ma soprattutto mentale ed emotivo.
Implicazioni psicologiche
Essere riserva significa affrontare una condizione di minore visibilità e di limitato tempo di gioco, che può generare ansia da prestazione, frustrazione e cali di motivazione.
Bariviera (2021) evidenzia che l’ansia da prestazione è un fattore stressante che può derivare sia da situazioni sportive che da aspetti personali, influenzando negativamente la fiducia e la capacità di performare al meglio durante le competizioni. Per il giocatore riserva, questa ansia può essere amplificata dalla sensazione di dover dimostrare continuamente il proprio valore in un contesto di opportunità limitate.
Inoltre, la letteratura sottolinea come il mantenimento di un equilibrio emotivo sia fondamentale per raggiungere la “peak performance”.
La relazione tra ansia e prestazione, descritta dal modello di Yerkes-Dodson, mostra che un livello moderato di attivazione è ottimale, mentre livelli troppo alti o troppo bassi compromettono la performance (Bariviera, 2021). Per la riserva, il rischio è quello di oscillare tra eccessiva tensione e demotivazione, con conseguenze sulla preparazione e sulla prontezza in gara.
Motivazione intrinseca e resilienza
Uno degli aspetti centrali della psicologia dello sport applicata alle riserve è la motivazione. Atleti con forte motivazione intrinseca sono spinti da un desiderio interno di miglioramento e di apprendimento, indipendentemente dal tempo di gioco effettivo. Questi giocatori tendono a impegnarsi costantemente negli allenamenti e a mantenere un atteggiamento positivo, anche quando non sono protagonisti in campo (Bariviera, 2021). Al contrario, chi si basa solo su motivazioni estrinseche, come il riconoscimento esterno o la ricompensa, può sviluppare un atteggiamento meno resiliente, rischiando di perdere interesse e impegno.
La resilienza, ovvero la capacità di affrontare e superare le difficoltà, è quindi una competenza chiave per chi gioca poco ma deve comunque mantenere alta la concentrazione e la preparazione mentale. La psicologia dello sport suggerisce che l’allenamento mentale, paragonabile all’allenamento fisico, può aiutare a sviluppare strategie per gestire lo stress, mantenere la motivazione e prepararsi al momento in cui si verrà chiamati a giocare (Bordo, 2020).
Ruolo e identità della riserva
Un altro tema rilevante riguarda l’identità atletica, ovvero come l’atleta percepisce se stesso nel ruolo sportivo. Campana (2022) evidenzia che l’identità atletica è strettamente legata alla percezione di sé come atleta attivo e competitivo.
Per la riserva, la limitata partecipazione può mettere in crisi questa identità, generando un senso di marginalità e perdita di autostima. Tuttavia, mantenere un’identità positiva e integrata nel gruppo è fondamentale per il benessere psicologico e per il contributo alla squadra.
In questo senso, il ruolo di riserva non è passivo: il giocatore deve essere pronto a intervenire in qualsiasi momento, supportare i compagni e partecipare attivamente alla vita di squadra. Il riconoscimento di questo ruolo come importante e strategico aiuta a rafforzare la motivazione e a ridurre il rischio di isolamento psicologico (Campana, 2022).
Strategie di allenamento mentale per la riserva
La letteratura suggerisce diverse strategie di allenamento mentale per supportare gli atleti riserva. Bordo (2020) sottolinea l’importanza di tecniche come la visualizzazione, il training autogeno e la mindfulness per migliorare la concentrazione, la gestione dell’ansia e la prontezza mentale. Questi strumenti permettono di mantenere un livello di attivazione ottimale e di prepararsi efficacemente anche in assenza di un ruolo da protagonista in campo.
Inoltre, la capacità di anticipare e programmare le azioni, tipica degli atleti esperti, è un elemento che può essere allenato anche fuori dal campo. Come evidenziato da studi di psicologia cognitiva applicata allo sport, la preparazione mentale include la capacità di leggere la situazione di gioco e di mantenere una modalità anticipatoria che libera risorse attentive per decisioni rapide e precise (Whiting, Alderson & Sanderson, 1973, cit. in Scienze Umane, 2020).
Conclusioni
Il ruolo del giocatore riserva è complesso e richiede una solida preparazione psicologica oltre che fisica. La gestione dell’ansia, la motivazione intrinseca, la resilienza e il mantenimento di un’identità atletica positiva sono elementi chiave per chi gioca poco ma conta. L’allenamento mentale rappresenta una risorsa fondamentale per supportare questi atleti, aiutandoli a mantenere la concentrazione, la prontezza e il senso di appartenenza alla squadra.
Riconoscere e valorizzare il contributo psicologico dei riserva non solo migliora il benessere individuale, ma rafforza anche la coesione e la performance collettiva, confermando che in una squadra ogni ruolo, anche quello meno visibile, è indispensabile.
A cura della Dott.ssa Irene Piva
Alessandro Bargnani CEO
Bibliografia
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