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Oltre la tribuna: il supporto genitoriale
- 1 dicembre 2025
- Posted by: saratosello22
- Categoria: Articoli
Spesso, quando si parla di psicologia dello sport, l’attenzione si concentra naturalmente sull’atleta o sull’allenatore. Eppure, un elemento cruciale, sebbene talvolta sottovalutato, agisce come vera e propria forza motrice dietro ogni giovane sportivo: il supporto genitoriale. Le relazioni tra genitori e atleti sono considerate un aspetto centrale, essenziale per il benessere ottimale e per l’intera esperienza sportiva dei giovani. I genitori sono infatti riconosciuti come i principali agenti sociali che plasmano la partecipazione e le prime esperienze sportive dei figli durante l’infanzia e l’adolescenza.
I genitori supportano i giovani atleti introducendoli allo sport, investendo tempo e risorse per consentirne la partecipazione e fornendo quel sostegno emotivo indispensabile durante e dopo le competizioni. Offrire tale supporto può influenzare positivamente la motivazione, il divertimento e, di conseguenza, la partecipazione continuativa nello sport. Tuttavia, la semplice presenza non basta; è stato ampiamente suggerito che non è la quantità del coinvolgimento a essere fondamentale, quanto piuttosto la sua qualità.
Un costrutto chiave che aiuta a comprendere l’efficacia di questo supporto è la reattività, ovvero la capacità dei membri di una relazione di occuparsi e sostenere i bisogni e gli obiettivi reciproci. Essa si articola in tre componenti essenziali: la comprensione profonda del sé dell’atleta – i suoi desideri, i suoi bisogni, persino le sue debolezze; la validazione, che si traduce nel rispettare e valorizzare la visione che l’atleta ha di sé; e infine la cura, ovvero l’espressione di affetto, calore e preoccupazione sincera per il benessere del figlio. Quando il supporto è percepito come reattivo dall’atleta, contribuisce non solo al suo benessere ma anche a quello del genitore, associandosi a migliori esiti motivazionali, autostima e alla capacità di “prosperare” nello sport.
Gli stili genitoriali, che riflettono gli atteggiamenti e i valori globali, creano il clima emotivo generale in cui si sviluppano le relazioni genitore-atleta. In questo contesto, uno stile centrato sul supporto all’autonomia è cruciale, poiché promuove esiti motivazionali positivi ed è la base della teoria dell’autodeterminazione. I genitori che supportano l’autonomia incoraggiano la partecipazione attiva e la risoluzione indipendente dei problemi da parte del figlio, dimostrando la capacità di comprendere e sostenere le prospettive degli adolescenti, favorendo così la motivazione intrinseca. È lo stile autorevole, esigente ma al contempo reattivo, ad essere risultato positivamente correlato a migliori esiti psicologici, in netta contrapposizione allo stile autoritario. Il sostegno all’autonomia da parte dei genitori è fondamentale per la soddisfazione dei tre bisogni psicologici di base dell’atleta: percepire i comportamenti come auto-governati (autonomia), percepire la padronanza delle abilità (competenza) e percepire un senso di appartenenza (relazionalità). Soddisfare questi bisogni influenza lo sviluppo e il benessere complessivo.
Allo stesso modo, i genitori possono avviare un clima motivazionale che influenza i loro figli. Un clima orientato al compito è quello che pone enfasi sul miglioramento personale, sullo sforzo, sul divertimento e che considera gli errori come preziose esperienze di apprendimento. Questo approccio predice positivamente la motivazione intrinseca e risultati positivi, mentre un clima orientato all’ego, che valorizza in modo eccessivo la vittoria e il confronto sociale, risulta spesso deleterio.
Non bisogna però ignorare i rischi. L’influenza genitoriale, se mal gestita, può diventare una fonte di stress. Comportamenti che eccessivamente enfatizzano la vittoria, che mantengono aspettative irrealistiche o che criticano aspramente le prestazioni, possono innescare sentimenti di pressione e ansia nel giovane atleta. La pressione genitoriale e i comportamenti direttivi negativi sono fortemente legati a una motivazione di tipo controllato, correlata a esiti motivazionali avversi come un minore piacere nello sport e una bassa autostima. È interessante notare come gli studi abbiano spesso rilevato che gli atleti maschi tendono a percepire una maggiore pressione genitoriale rispetto alle femmine.
D’altro canto, anche i genitori sperimentano stress unici legati allo sport giovanile, come la pressione temporale, la gestione dell’equilibrio sport-istruzione e le preoccupazioni per gli infortuni. L’intensità di questo stress è influenzata dalla fase di partecipazione sportiva del figlio: i genitori di atleti nelle fasi di specializzazione o investimento, per esempio, riportano livelli di stress superiori rispetto a quelli nelle fasi iniziali. Inoltre, è stato osservato che lo stress genitoriale è positivamente associato all’adozione di comportamenti direttivi e all’aumento della pressione.
Le relazioni genitore-atleta sono viste come relazioni diadiche interdipendenti, il cui funzionamento è ben compreso attraverso la lente della teoria dell’attaccamento. Un attaccamento sicuro con il genitore fornisce due funzioni cruciali nello sport: una base sicura, da cui i genitori supportano l’esplorazione e l’autonomia del figlio, incoraggiandolo a cogliere opportunità positive di sviluppo (come essere selezionato per una gara importante); e un rifugio sicuro, dove i genitori sono disponibili e reattivi per offrire conforto e rassicurazione quando l’atleta affronta difficoltà, fallimenti o stress. Un attaccamento sicuro, in conclusione, promuove i bisogni psicologici di competenza, autonomia e relazionalità, e ha un effetto diretto e positivo sull’autostima dell’atleta.
Per ottimizzare le esperienze sportive e lo sviluppo psicosociale dei giovani, le organizzazioni sportive dovrebbero quindi includere attivamente i genitori, fornendo loro gli strumenti per adottare strategie di genitorialità basate sulla reattività, sul supporto all’autonomia e sulla creazione di un clima orientato al compito.
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