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Doping e sport: quando la pressione supera le regole
- 27 ottobre 2025
- Posted by: matteodeasti
- Categoria: Articoli
Cosa succede quando la voglia di vincere supera ogni regola? Si può cadere nella tentazione di usare metodi scorretti, come accade con il doping.
Quando parliamo di doping, ci riferiamo all’utilizzo di sostanze vietate, con lo scopo di migliorare in modo artificiale le proprie prestazioni sportive. Le sostanze in questione possono essere farmaci, ormoni o stimolanti. Questa pratica è severamente vietata dalla maggior parte delle organizzazioni sportive internazionali, tra cui il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e l’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA), proprio per garantire la correttezza e la salute degli atleti.
Il fenomeno rappresenta una delle problematiche più controverse e dannose nel mondo dello sport. Spesso viene interpretato solo come un comportamento scorretto volto a migliorare artificialmente la prestazione fisica, ma le sue radici spesso affondano in dimensioni psicologiche complesse.
Motivazioni psicologiche alla base del doping
Le motivazioni che possono spingere un atleta a fare uso di sostanze dopanti sono molteplici e spesso intrecciate tra loro. Tra le più rilevanti possiamo trovare:
- Paura del fallimento e insicurezza personale: molti atleti temono di non
riuscire a raggiungere i risultati desiderati solo con le proprie capacità,
sviluppando un senso di inadeguatezza; - Desiderio di perfezione e superamento dei limiti: la spinta a migliorarsi
costantemente può trasformarsi in una ricerca ossessiva della perfezione
psicofisica, che porta a scelte rischiose; - Pressioni esterne e ambientali: aspettative di allenatori, familiari, sponsor e
compagni, oltre alla percezione che “tutti si dopano”, creano un clima di
giustificazione e normalizzazione del fenomeno; - Bisogno di approvazione e riconoscimento sociale: il successo sportivo è
spesso associato a prestigio e status, elementi fortemente motivanti per
l’atleta; - Scorciatoia per il successo: come ha sottolineato l’ex atleta Alex Schwazer, il
doping può essere visto come una “scorciatoia” per vincere, soprattutto quando
si pensa che il talento naturale non sia sufficiente.
Quindi, ciò che motiva l’atleta non è solo ottenere risultati migliori, ma far fronte a fragilità interiori, come la bassa autostima, la paura del fallimento o l’ansia da prestazione. In un contesto altamente competitivo, dove il valore della persona viene spesso associato al risultato, è facile cadere nella trappola relativa alla ricerca della perfezione, cercando in tutti i modi di raggiungerla. L’errore non è più visto come parte del percorso, ma come una minaccia alla propria identità. In questo scenario, il doping diventa una soluzione per non sentirsi inadeguati, per evitare la delusione altrui e/o per non perdere riconoscimento.
Con queste premesse è molto probabile che si sviluppi anche una dipendenza psicologica, credendo di non essere più in grado di performare senza aiuti esterni. Ciò crea un circolo vizioso: più cresce il bisogno di conferme, più aumenta la percezione di non valere abbastanza senza “aiuti”. A lungo termine, questo deteriora la salute mentale e la motivazione intrinseca, portando a crisi personali e identitarie.
Le conseguenze sulla salute
Molti atleti che durante la carriera hanno fatto uso di sostanze dopanti adesso presentano condizioni mediche abbastanza critiche. Tra le problematiche correlate al doping ci sono squilibri ormonali, disturbi psichiatrici e neurologici, compromissione del sistema immunitario, dipendenza e astinenza, invecchiamento precoce e deterioramento generale.
Spesso ci si trova in ambienti sportivi malsani dove conta solo vincere, a qualunque costo. Questo rappresenta un grande fattore di rischio che può portare a pressioni eccessive, ricerca ossessiva della perfezione e desiderio di usare qualsiasi mezzo a disposizione pur di raggiungere la vetta.
Alla luce di ciò, è essenziale promuovere una cultura sportiva basata sul benessere, sull’equilibrio tra corpo e mente, sulla consapevolezza dei propri limiti e sulla valorizzazione non solo del risultato, ma anche e soprattutto del percorso. La lotta al doping non può quindi limitarsi ai controlli medici: deve includere educazione psicologica, supporto emotivo e la costruzione di una mentalità sportiva sana, che riconosca il valore della persona prima di quello dell’atleta.
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